Camillo Olivetti, chi era costui.
(Ovvero, per parte mia, studiare, fare ordine, smettere di fermarsi. Puntata 1.)
Ho passato molti anni, per lavoro, a studiare la Olivetti, l’azienda, e di conseguenza anche la famiglia, la città e le idee.
Ho pensato di dedicare qualche post a
questa mia ricerca rimettendo mano ad appunti di vent’anni fa o giù di lì. Lo
farò principalmente perché ho bisogno di fare ordine in tutto quello studio
rimasto in un cassetto e perché l’impresa resta uno dei miei principali
interessi sia per formazione sia perché la libera iniziativa è affascinante.
Tantissimo.
La storia inizia nel 1868 quando, a
Ivrea, nasce Samuel David Camillo Olivetti, che tutti conosciamo soltanto come
Camillo Olivetti. Un papà imprenditore del quale prende la vena e una
mamma cittadina, di Modena, che lo avvicina alle lingue e a un’apertura più
ampia. Studia in collegio a Milano, poi a Torino, al Regio Museo Industriale,
che diventerà il Politecnico, si laurea in ingegneria e parte per Londra, dove
studia l’inglese e inizia a osservare da vicino il mondo industriale. Camillo è stato alievo di Galileo Ferraris, ideatore
del motore elettrico a corrente alternata (fece causa a Tesla per frode quando
pubblicò il suo studio nello stesso ambito) e con lui inizia a lavorare e lo
accompagna a Chicago al congresso internazionale di elettronica iniziando così a conoscere le realtà più moderne, da lì va poi a
San Francisco e a Palo Alto che era già sede di innovative università.
L’America diventa un punto di riferimento per l’avanguardia tecnica, accademica
e sociale.
Ma veniamo all’impresa.
Tornato in Italia inizia importando macchine da scrivere e biciclette, fonda poi la prima azienda nel 1896, la C. Olivetti & C, una prima esperienza non particolarmente felice, sposta poi la sede delle sue attività a Milano, le modifica leggermente, ma per il settore merceologico e per i finanziatori coinvolti che non hanno la sua stessa visione, i primi tentativi non sono quelli giusti. Per Camillo Olivetti impresa e ricerca devono andare di pari passo, ma la sua è una visione ancora poco diffusa. Torna a Ivrea e finalmente nel 1908, precisamente il 29 ottobre, costituisce la Ing. Olivetti &C prima fabbrica nazionale di macchine per scrivere con venti dipendenti. Camillo Olivetti ha quarant’anni.
Studio e ricerca sono pilastri,
Camillo compra una macchina da scrivere negli Stati Uniti, la analizza per
conoscere la concorrenza, per capire come usarla e così perfeziona il primo
modello della sua azienda, completamente progettato da lui: la Olivetti M1. L’apparecchio
sembra americano nelle fattezze, ma ha in pancia un sapere nuovo e rivoluzionario, in particolare con riguardo all’inversione automatica del nastro, alla tecnologia per la selezione del colore e per il settaggio del
margine.
Il prototipo è coetaneo dell'azienda e nell'agosto 1908 Camillo lo usa per scrivere una lettera a sua moglie.
La Olivetti M1 viene presentata nel 1911 all’Esposizione internazionale di Torino e da qui partono le prime commesse per Ministeri e le Poste. La macchina da scrivere pesa 17 chili e costa 550 lire.
Camillo stesso ne diceva:
l’estetica della macchina è stata particolarmente curata. Una macchina per scrivere non deve essere un gingillo da salotto, con ornati di gusto discutibile, ma avere un aspetto serio ed elegante nello stesso tempo.
Anche da questi pochi cenni le lezioni
di impresa più immediate non sono difficili: preparazione, aggiornamento,
confronto, viaggi, ricerca, tentativi ed errori, costanza, promozione, contatto
con l’attualità e solo poi il primo vero approdo.
Nel 1913 la Ing. Olivetti &C prima fabbrica nazionale di macchine per scrivere produce 23 pezzi alla settimana e ha 110 dipendenti. Il sistema di produzione, quello di gestione del personale, di diffusione e promozione sono già tra gli esempi più interessanti del sistema industriale da allora a oggi.
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