Il fuoco che non capisco

Le librerie bruciano.
E' una realtà di ieri e di ancora prima e sta facendo male a tutti. 
Ho studiato giurisprudenza, il mio lavoro è dedicato alla formazione di persone che si occupano di diritto, la mia passione sono i libri. Se i libri bruciano il cuore fa male due volte. Se brucia l'impresa commerciale di persone impegnate nel proprio lavoro significa che bruciano possibilità, sostentamento, occupazione e tutto questo, in alcuni casi, corrisponde a luoghi che raccolgono le persone, a centri di dialogo, di divertimento, di condivisione.
Se il fuoco arde dolosamente, vuol dire che brucia la libertà.
Mi chiedo perché.
Perché la cultura fa paura, perché le luci accese combattono il buio, perché chi legge pensa e chi pensa comprende e sceglie, perché esistono odio e antipatia, leggo di tutte queste motivazioni e continuo a non capire. Perché?
Qual è l'interesse a diffondere oscurità fisica e mentale?
Sono ingenua, mi rendo conto, nel porre questa domanda, ma davvero non capisco. Gli atti di violenza, quelli fuori dalle leggi degli Stati e dell'umanità, dove dovrebbero portare? 
A Roma bruciano le librerie, una in particolare, perché?
Perché è un luogo di cultura? Perché è un luogo di lavoro? Perché è l'impresa di qualcuno che ha iniziativa e desideri? Perché i libri rendono liberi? Perché?
La libertà è il valore principale leso dal fuoco, ma quando la violenza colpisce la vita delle persone in modo così diretto si cercano risposte fatte di materia, come i mobili, i libri e gli scaffali andati in cenere, perché ora sul terreno ci sono persone spogliate del loro vivere e la domanda allora è più grande, la domanda coinvolge anche chi accende quel fuoco, perché è più facile devastare che costruire?
Indagini, Istituzioni, legalità e sedi opportune, tutto si attiva, qualcuno darà dei riscontri, funziona così, e mi auguro che si prenda in mano davvero il diritto che non è nato per essere lento, ma per garantire e che allora si garantisca la possibilità di avere una libreria, di tenerla aperta, di andarci a lavorare ogni giorno, di entrarci per comprare un romanzo, scambiare un'opinione conoscere delle persone, o soltanto perché si possa vedere quella vetrina illuminata.
E mentre la macchina si attiva tra rabbia e frustrazione (quanta frustrazione!) le persone, i romani (perché Roma non è solo buche, immondizia e Colosseo, Roma sa anche essere impavida e di cuore) riempiono subito la piazza e danno speranza e corroborano la fiducia e non credo siano tutti accaniti lettori o intellettuali della prima ora, ci sarà pure chi tifa luce contro buio senza altro supporto che l'essere una brava persona.
Perché spegnere sembra ultimamente tanto fondamentale?
Non lo so, sono scossa e confusa e continuo a non capire e mi viene da piangere.


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