Poesie. Cesare Pavese.

Cesare Pavese, Poesie.
n.9 NUE Einaudi.
La mia copia.
Le poesie di Pavese in edizione Einaudi n.9  NUE, settima edizione 1968, trovate in bancarella a Roma, c'è anche una dedica senza data, una donna la rivolge a un uomo citando Lorca. Pavese era poeta, scrittore, traduttore, saggista, coraggioso, dolorante e poi a un certo punto era morto. Piemontese delle Langhe, appassionato di Withman, antifascista e amico degli uomini della storia culturale d'Italia e della sua letteratura. Un professore che per lavorare cedette alla tessera e se ne rammaricò da allora in poi, fu il mentore di Fernanda Pivano con cui fecero il gesto di regalarci l'Antologia di Spoon River, fu il traduttore di Melville, e poi arrivò Einaudi, il rapporto con l'editore, le lettere, la rottura, il suo diario, il confino e la pubblicazione di "Lavorare stanca" ora qui in questo volume trovato per caso. E di nuovo dall'inglese all'italiano con Dos Passos, Steinbeck, la guerra, l'amicizia con Ginzburg, la prigione, le torture, e poi il Partito Comunista, l'Unità, Roma, l'amore e poi basta col sonnifero. Una vita di cui se ne possono fare cento, una morte che, come tutte le morti e quelle violente ancora di più e quelle per mano propria più della altre, si meritano discrezione e rispetto, tanto quanto la vita.
Pavese intimidisce, almeno me, non posso dire nulla su di lui, lo leggo, cerco di capire qualcosa, mi appassiono alla sua stessa esistenza e mi stupisco di come in una sola vita possano incontrarsi tante persone significative per molti, come si possano avere degli ideali, delle idee, dei bisogni, più veri e più profondi di quelli dell'ora e subito, di come poi possano schiacciare, di come il senso di sconfitta possa gravare fino a fare sentire una responsabilità o una solitudine che dovrebbero essere portati da più di un paio di spalle soltanto. Pavese è il mio termine di confronto con l'irraggiungibile e con il desiderio di conoscere, di incontrare e di diventare. C'è tutta quella parte di storia italiana dalla guerra alla ricostruzione, e di storia dell'editoria con Giulio Einaudi, Ginzburg, Vittorini e quella sensazione che a Torino ci sia stato qualcosa di diverso e fin da molto prima, da quella capacità di sentire e comunicare, la voglia di creare, l'idea della possibilità e la concreta realizzazione di una città che era di re, che fu capitale e risorgimento e industria e pioniera in un Paese frazionato e scomposto. Incontrare Pavese poeta a Roma, per caso, nella città in cui fu triste e nella collana più amata dagli amanti dei libri e così si incontra un mondo (come sempre) sulla vita di una persona, di un autore, di un editore, di una città e di un Paese, nella consueta scatola cinese degli incontri casuali. Magari un giorno mi capita in mano un libro da "I millenni", la collana che Pavese pensò e diresse per Einaudi a metà degli anni '40, e allora sarò costretta a studiare un po' di più. Intanto sono qui con le poesie a cercare di capire se davvero fosse tutto dolore.

Commenti

  1. ne ho letto un pò, ho iniziato sospeso interrotto ripreso divorato. L'ho capito??? un poco si e molto no ma sopratutto non mi interessava tuffarmi nella Sua Umanità ( e dico questo con enorme senso di rispetto e sopratutto di umiltà) quanto lasciarmi andare al mondo che evocava, le prime vere sensazioni quasi tangibili e struggenti sentimenti, ma anche orizzonti infiniti . Mi ci sono avvolto e ci ho galleggiato.
    Maieutica pura.
    Grandioso e schivo, come il Suo Piemonte di allora.

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